Tra pochi giorni 150 e più neo parlamentari del Movimento 5
Stelle entreranno a tutti gli effetti in parlamento. Una volta lì,
nell'assemblea parlamentare, sono sicuro - almeno per una buona parte
del mandato, sempre che duri abbastanza (ne dubito) - si
muoveranno come un corpo compatto. Fedeli a quello che hanno (ha)
dichiarato durante tutti questi mesi, senza incertezze. Porteranno
avanti le proprie idee "rivoluzionarie" senza cercare
troppi compromessi con le altre forze politiche, che da parte loro se
appoggeranno il movimento lo faranno controvoglia, per non prendere
ulteriori sberle.
In questo ambito il movimento sarà controllato - realmente
controllato, vista anche la pubblicità di tutte le riunioni
parlamentari (Rai Parlamento, per dirne una facile) - da tutti i suoi
elettori, i suoi simpatizzanti e avversari, che coglieranno la palla
al balzo nel caso di un qualsiasi inghippo utilizzabile contro Grillo
e i suoi. Saranno gli osservati speciali della nazione e, secondo me,
in situazioni di riunione assembleare "sorvegliate" non
commetteranno passi falsi eclatanti.
Quello che si dimentica facilmente è che le attività di un
parlamento non si esauriscono nella sua natura, appunto, assembleare.
Alcune delle principali funzioni delle camere si svolgono, ad
esempio, in commissioni, tutt'altro che pubbliche. Queste sono organi
rappresentativi nettamente più piccoli di quelli da cui "dipendono",
e nettamente più chiuse verso l'interno. In questa circostanza
vengono fatte valere in modo molto più distinto quelle
caratteristiche tipiche della casta.
Ristretti gruppi di politici, che parlano con linguaggio
politico, di argomenti strettamente politici, spesso lontanissimi
da quelli a cui gli eletti del movimento possono essere interessati,
per lo meno in prima battuta e sempre stando a quello che loro (lui)
stessi dichiarano.
In queste circostanze la politica in senso ampio è al centro
dell'agire quotidiano. In questi piccoli gruppi di individui valgono
fortemente le appartenenze di ceto, la condivisione - formale -
dell'esperienza politica, il sentirsi parte di una stessa categoria,
ritenuta privilegiata da chi gli appartiene.
In queste circostanze diventa evidente il vantaggio del "politico
di professione" che è educato a questo vivere quotidiano.
Questo, sviluppa una forma ed un linguaggio che gli permettono di
sostenere la pressione e il confronto con gli altri amministratori
della cosa pubblica.
Ai grillini questa formazione manca - per lo meno a molti di loro,
alcuni, come il nuovo capogruppo del Senato, sembrano già avvezzi ai
modi istituzionali. L'appartenenza politica, quella partitica in
questo caso, aiuta a elaborare sia una retorica tipica della res
pubblica, sia una maniera tipica della politica
(oltre a foggiare determinate visioni del mondo, giuste o sbagliate
che siano). Il deputato a 5 stelle, a diretto contatto con il
politico navigato dall'attività o istruito dal partito, è mancante.
Manca della capacità di dibattere, di regger testa al politico di
partito (e a tutta la casta quando, verosimilmente, gli si coalizzerà
contro), non tanto per la pochezza delle sue idee - vaghe ma spesso
valide - , quanto per la sua incapacità di far pesare le sue
credenze quanto quelle dell'altro, anche soltanto per la minore
capacità oratoria o carismatica - più importanti di quanto si possa
credere nella politica odierna. Manca appunto della capacità
politica, che nei D'Alema, nei Letta, nei Veltroni, viene vista
come un fardello da lasciarsi alle spalle (e negli esempi citati va
anche bene). E' la politica stessa che addestra a fare politica - e,
appunto, il fare politica non si esaurisce nel decidere, nel votare,
che è soltanto l'ultimo tassello di un processo lungo e pesante.
A chi manca una lunga “militanza”
politica, manca anche un forte sentimento di lealtà, tipico
delle ideologie partitiche, in passato più che adesso ma
ancora fortemente presente. E' proprio questa ideologia a impedire al
politico di andare contro il proprio partito, portatore degli stessi
sentimenti e idee ormai imparate – nei fatti dovrebbe essere
proprio l'ideologia a legare il politico al partito e consentire a
questo di avere i voti necessari per portare avanti i propri
progetti.
Al grillino a questo punto possono accadere due cose. Può, nel
caso peggiore, non riuscire a sottrarsi al potere affascinante della
politica e dei suoi meccanismi, diventando a tutti gli effetti come
quegli esseri che ha odiato fino al mese prima - magari seguendoli
pure nei loro orrendi partiti, e qui qualche maligno dirà
sicuramente che sono stati quei tot mila Euro in più a convincerli,
malpensanti! (anche se è ormai notizia il fatto che una cospicua
parte di denaro “pubblico” lo prendono comunque) - oppure, nel
migliore dei casi (migliore dei casi per la nazione), può essere
ridotto in polpette e diventare un addobbo parlamentare in balia
degli eventi, andando lentamente verso la fine.
Che poi sono soltanto teorie vaghe e fantasiose, e quelli del
Movimento avrebbero tranquillamente tutti i mezzi per resistere.
Basterebbe guardare ai Radicali e a come hanno resistito legislatura
su legislatura nel corso degli anni. Anche se, in effetti, quello è
un partito, per di più con una forte ideologia, e contento di
averla...
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